lettere dalla quarantena

Cari professori

25 Mag , 2020  

Cari professori,

per tutto questo tempo siamo stati rinchiusi in casa e l’unico modo per uscire è stato andare sul balcone o aprire la finestra per osservare la natura che cambia sotto i nostri sguardi.

L’inverno ha lasciato spazio alla primavera, ma ancora le foglie continuano a cadere; come dice Ungaretti:”Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, anche se non combattiamo con armi o contro qualcuno simile a noi questa la definisco ugualmente una guerra contro un nemico invisibile, il coronavirus. Siamo fragili e molti di noi hanno perso questa battaglia e si sono staccati dai rami troppo presto, ma nulla è perduto, appena tutto questo finirà ci risolleveremo più forti di prima.

Per ora le auto rimangono parcheggiate lì, dove sono state negli ultimi due mesi; per le strade ti accerchia un silenzio più rumoroso delle parole stesse che ti fa riflettere e osservare quei cartelloni e quelle bandiere appese con messaggi che ti rassicurano e fanno accrescere la speranza di tutti.

Se è grande ciò che abbiamo superato, sarà immenso ciò che raggiungeremo, ritorneremo presto a camminare di nuovo su quelle strade per ora deserte.

Siamo tante gocce, se ci uniamo e facciamo la nostra parte, saremo più forti e ne usciremo prima: “per menare il remo bisogna che le cinque dita s’aiutino l’un con l’altro”, scriveva Verga.

Dobbiamo essere come l’acqua, che si adatta a tutto e non perde la sua trasparenza, ma non dobbiamo perderci come Leopardi:“E il naufragar m’è dolce in questo mare”.

Noi al contrario suo, sentiamo questo “naufragar” molto “amaro” perché non vogliamo inabissarci in questo mare, ma siamo obbliagti a farlo perché questa situazione è più grande di ognuno di noi e ogni nostro pensiero “è sommerso in quest’immensità”.

Queste giornate ci sembrano tutte uguali, rendendo ciò che ci circonda una sfumatura di grigio, ma io in quelle sfumature inizio ad intravederci dei colori, e sono più accesi di prima, anche quando il sole si spegne.

Come me, molti ragazzi nel mio quartiere devono affrontare l’esame di stato e sfruttano queste giornate al meglio iniziandole con un caldo caffè per poi immergersi nello studio, dando il massimo e prendono queste norme imposte dal governo (del non uscire) come una cosa positiva a livello scolastico, così da non avere distrazioni.

E per voi professori com’è questa situazione?

 

Karen Appoggetti

 

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